Qualche tempo fa vi avevamo presentato Tre racconti, una rivista digitale bimestrale dedicata al racconto, con un suo relativo portale di approfondimento. Sempre nell’ottica di fornire una vetrina e far conoscere le diverse iniziative legate alla forma breve e al mondo dei racconti, abbiamo di recente incontrato i creatori del progetto Spaghetti Writers – un collettivo che ha dato vita a un sito su cui vengono pubblicati racconti inediti, in forma seriale e autoconclusiva, sia dagli stessi membri fondatori sia da autori esterni –, incuriositi su come il gruppo avesse deciso di dare vita una simile iniziativa.
Com’è successo che Spaghetti Writers, più o meno…
L’acqua aveva appena iniziato a bollire, nella pentola, quando Giulio, presentandosi in sala con un grembiule pieno d’orsacchiotti dalla dubbia virilità, interruppe un silenzio imbarazzante con un lieto annuncio:
«Ragazzi, ho appena buttato gli spaghi. Tra poco si mangia.»
«Gli spaghi? Giulio, sei un genio! Ecco il nostro nome: Spaghetti Writers!»
Esplosione di entusiasmo immotivata, oltre che sgraziata, e manifesto spirito adolescenziale. Quella risposta aveva un marchio chiaramente riconoscibile: si trattava di Iago.
«Perché?» chiese David. L’analitico.
«Fa schifo» aggiunse Francesco.
«No, ascolta…»
«Io ascolto, ma il nome continua a fare schifo.»
Appunto, Francesco.
«A me non dispiace… però, ecco, non so. Insomma, ci devo pensare» disse Federico, in uno dei suoi momenti di maggiore convinzione.
La pasta cuoceva beata nell’acqua che cominciava già a fare spuma. I cinque invece vivevano un nuovo momento di stallo, sospesi nella speranza che qualcuno portasse uno straccio di motivazione a sostegno di qualsivoglia tesi.
«Sentite.»
David si assettò con l’indice destro gli inseparabili occhiali da sole sopra il naso; segno inequivocabile che i suoi percorsi mentali erano finalmente giunti a un esito.
«Sinceramente non ho idea di come gli sia uscito quel nome però, del resto, è quel che vogliamo fare no? Costruirci un luogo in cui la narrativa è vissuta come uno spazio condiviso. Dove i racconti sono scritti da chi le storie le mangia quotidianamente e in cui sia sempre possibile invitare qualcuno a tavola, a contribuire. Spaghetti Writers. Io ci sto.»
«Visto? Ne ero certo: sono un genio.»
L’arringa di David giustificò una nuova esplosione istantanea in Iago.
«Ma non ero io il genio?»
Giulio si sciolse il grembiule e lo agguantò, brandendolo come per reclamare qualcosa che credeva spettargli di diritto.
Alzandosi dalla poltrona, su cui fino ad allora era stato sempre seduto a braccia conserte, Francesco si andò a piazzare di fronte a David, riservandogli lo stesso sguardo con cui si fisserebbe la busta per la partecipazione al secondo matrimonio della suocera.
«Non ci conosce nessuno. Non abbiamo esperienza, pedigree o facce degni di nota. Per di più siamo cinque maschi, più…»
«Io ho due amiche, Fortu e Lo, che si unirebbero volentieri!»
Così scosso da Giulio, quel grembiule acquistava sempre più la consistenza di un vessillo da battaglia.
«Cuccia, Cracco!»
Peccato Francesco non fosse tipo da lasciarsi intimorire facilmente.
«Dicevo, siamo più simili a un gruppo di Dungeons & Dragons che a un collettivo di scrittori. Perché qualcuno dovrebbe darci il minimo credito?»
La schiuma svelse il coperchio della pentola, iniziando a colare di fuori. Tutti nella sala si erano dimenticati della pasta.
«Tu cosa fai a giornate, France’?»
Più che dare una risposta, sembrava che Federico fosse finalmente riuscito a cogliere uno dei pensieri che sfarfallavano nella sua costellazione mentale.
«Prego?»
«Ti ho chiesto: tu cosa fai a giornate, France’?»
Francesco ci pensò un attimo. La sua espressione mutò; gli occhi si depositarono a terra e le linee che gli solcavano il volto si fecero meno dure, più distese: sembrava provare quasi vergogna di quello che stava per dire.
«Scrivo.»
«Bene.»
A quel punto anche Fede si alzò, andando ad abbracciare l’amico.
«Mi sembra questo sia un buon punto di partenza. Ascoltate, qui dentro nessuno è Carver…»
«Grazie al cielo!»
Come un nugolo di lance, le occhiate di tutti trafissero Iago all’istante: si trattava infatti dell’unico pària in una setta di minimalisti.
«Ok, ok, fate come non abbia detto nulla.»
Bofonchiò poco convinto.
«Pur non essendo Carver» riprese Fede «raccontare storie è la passione di tutti qui dentro, come del resto lo sono i racconti. Iniziamo ‘sta cosa. Proviamoci almeno. Che ci può succedere? Che qualcuno ci dica che i nostri racconti fanno schifo? E sia! Avrebbe qualche senso continuare a raccontare al nulla o scrivere robe per tenerle chiuse nel cassetto? Avete paura che nessuno ci manderà qualcosa o che non ci siano lettori? Bene, di sicuro non ci saranno nessuna delle due cose se non facciamo niente. Stiamo fissi a lamentarci che così le cose non funzionano; che non ci sono spazi e bla bla bla: facciamocelo noi lo spazio. No? Mi sembra la cosa più sensata. Cioè, credo almeno.»
La luce di quello specifico pensiero doveva essersi spenta, un’altra volta.
«Oddio, magari ha ragione Fra e uscirebbe un troiaio. Non lo so. Non volevo piazzarvi il pippone, scusate… Oh, io comunque ho fame.»
«GLI SPAGHETTI!»
Giulio schizzò in cucina lasciandosi dietro una nuvola di polvere come nemmeno Beep Beep, ma era ormai troppo tardi.
«Giulio, questi spaghetti più che scotti sembrano i capelli della bambina di The Ring» commentò Iago, continuando a rimandare quel momento in cui avrebbe dovuto fare i conti con le sue turbe adolescenziali.
«Direi che in questo stato sono decisamente immangiabili» sentenziò David in un lampo di realismo ineludibile.
«Non ragiono bene quando ho fame. Mi fa venire i dubbi.»
Fede intravide prossima la discesa nell’abisso del cogito.
«Scusate ragazzi. Ammetto di avere fallito.»
Giulio gettò a terra il grembiule, con la dignità di un generale sconfitto sul campo di battaglia, prima di concludere: «Facciamoci una pizza, stasera: offro io!»
Una formula senza tempo. Forse l’unico espediente capace di mettere d’accordo persone ed enti normalmente separati da visioni del mondo contrapposte.
«Ragazzi, prima di uscire…»
Francesco li stoppò quando erano già tutti con i giacchetti in mano.
«Sapete, Spaghetti Writers, non fa poi così schifo. Diciamo che non è male.»
Un primo passo.
Del resto le più belle avventure iniziano sempre così: con un primo passo.
E una pizza.
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