Anche quest’anno Racconti edizioni partecipa al Pisa Book Festival 2017, dal 10 al 12 novembre, con tutto il catalogo e le quattro novità, ZZ Packer con Bere caffè da un’altra parte, Jess Walter con Viviamo in acqua, John Cheever con Birra scura e cipolle dolci e Elvis Malaj con Dal tuo terrazzo si vede casa mia, primo autore italiano in scuderia. Lo stand dello scarafaggio è il numero 122.
Sabato 11 novembre, all’interno del Festival, appuntamento imperdibile: lo scrittore Luca Ricci discuterà con Elvis Malaj del suo libro d’esordio in Sala Azzurra alle 15.
Andiamo a scoprire qualcosa in più sui quattro nuovi titoli:
📌Su Dal tuo terrazzo si vede casa mia ci eravamo già soffermati in un altro pezzo qui su Altri Animali, ma la possibilità di incrociare gli sguardi tra uno scrittore di racconti tra i più affermati in Italia oggi, Luca Ricci, e un esordiente classe 1990 offre nuovi spunti di riflessione. Come sta la forma breve dopo un periodo in cui sembrerebbe rifiorire grazie alla nascita e il consolidamento di diverse realtà tra riviste, case editrici, pubblicazioni, osservatori, festival e altre iniziative?
È un quesito a cui i due autori tenteranno di dare una chiave di lettura durante l’incontro di sabato 11 novembre. Ma non solo, le domande sono tante e variegate. Gli italiani di seconda generazione stanno cambiano la letteratura del nostro paese. Anilda Ibrahimi, Igiaba Scego, Jumpa Lahiri (per citare gli esempi più lampanti) ognuna a proprio modo è un contributo prezioso che cristallizza anche in letteratura ciò che è gia avvenuto nella società. La migrazione, il melting pot, l’integrazione. Anche Elvis Malaj si inserisce in questo solco, all’interno di quei processi culturali che ci definiranno come società. Sarebbe riduttivo però posizionare il lavoro di Malaj solo come l’emergenza di un assestamento tellurico praticamente ineludibile. Dal tuo terrazzo si vede casa mia è un libro che si può amare o odiare senza conoscere la vita dell’autore, perché mette in scena lo smarrimento e l’inadeguatezza di ragazzi e ragazze
di ogni paese alle prese con la prima volta o con il primo giorno di scuola, che poi forse è un po’ la stessa cosa, a qualsiasi latitudine. Il tutto scritto in una prosa che sembra semplice, ma non lo è.
📌«Raramente succede di spiare il percorso di formazione di un grande scrittore con la precisione permessa dai tredici racconti di John Cheever riediti nella raccolta Birra scura e cipolle dolci.» Così Andrea Colombo dalle pagine del manifesto si è espresso sul libro tradotto da Leonardo Luccone, illustrato da Otto Gabos e con la prefazione di Christian Raimo. Per approfondire il discorso sul grande autore americano Luccone e Raimo si incontreranno il 16 novembre alle 18 alla libreria Ibs-Libraccio di Roma in via Nazionale.
Sarà un’occasione preziosa per capire come le straordinarie storie di Cheever manifestino l’attitudine che lo stesso autore riconosce in uno scrittore: «Be’, mi sembra che per un narratore un orecchio virtualmente perfetto sia basilare quanto i suoi reni. Bisogna essere abili a cogliere le voci dei personaggi, a orecchiare cosa viene detto quattro tavoli più in là. Questo è solo il kindergarten dell’aspirante scrittore, per quello che mi riguarda». È così che ci si immedesima e ci si ritrova sugli spalti di un ippodromo e sperare che il cavallo giocato sia finalmente quello vincente oppure nel paddock con gli amici di una vita a farsi ridere addosso perché si vuole cambiare vita una volta per tutte; o ancora in una pensione di campagna a scambiare zingari per indiani e a sorseggiare una birra scura con cipolle dolci; fino alla situazione in cui tutto intorno è spento, l’economia in primis, e ci si lascia affabulare da un predicatore comunista cinico e determinato mentre la propria vita scorre via insieme al fiume di persone arrivate da fuori e subito scappate via dopo l’evento dell’anno della cittadina in cui si vive.
📌«Dite tutti la stessa cosa. Voi incravattati, voi sbirri, voi strizzacervelli, è sempre la stessa sinfonia: dicci quello che è successo. Raccontaci la tua versione dei fatti. La mia versione dei fatti. La mia. Come se la verità fosse una scatola che si può rovesciare per vederne un altro lato, un’altra versione. Be’, non ci sono lati, nessuna scatola, forse nessuna verità.» Questo è Jess Walter, scrittore navigato classe 1965, ma che ha ancora da pescare a piene mani nel personale capitale letterario. Un autore capace di svariare tra generi letterari e forme con una facilità impressionante e mantenendo sempre un altissimo livello di qualità. Scrittore di genere, poi romanziere, autore di racconti.
Viviamo in acqua, tradotto da Maurizio Bartocci e illustrato da Walter Galindo Gavilano, è la sua prima raccolta di racconti che Allison Glock dal New York Times descrive così: «Accattivante e devastante, divertente perché vero, e orribile perché vero, ma anche divertente perché orribile e così via, all’infinito. Fortunatamente Walter è un uomo dal cuore d’oro che eccelle nello scrivere a proposito di altri uomini dal cuore d’oro, seppure spezzato. La generosità di spirito accoppiata all’impossibilità di Walter di distogliere lo sguardo dal caos eleva questi racconti da marcette a sinfonie». Bisogna crederci perché Jess Walter conosce a menadito le sue creature letterarie che siano tossici allo sbaraglio, zombie raverini, truffatori, stalker, ex militari o semplici padri di famiglia e fa prendere loro sembianze umane, così palmari da spingerci a cercare la terza dimensione sulla carta delle pagine.
📌ZZ Packer completa il quartetto delle novità autunnali con Bere caffè da un’altra parte, tradotto da Emanuele Giammarco e illustrato da Walter Galindo Gavilano. La sua forza è la capacità di intrecciare epoche storiche, percorsi di vita e scenari differenti seguendo la traccia di un registro fresco e dissacrante che affonda la penna nei nervi scoperti di una cultura, ma è capace allo stesso tempo di prendersi in giro e di raccontare personaggi grotteschi, tragici e in fin dei conti buffi. Forse per questo John Updike ha detto che «la prosa di ZZ Packer è così vivida e di una comicità così frizzante da fare le scintille».
Zadie Smith ha detto che «ZZ Packer scrive racconti più complessi e dolci della maggior parte di quei cigolanti romanzi da 500 pagine che si vedono sugli scaffali delle librerie. È quel tipo di narrativa brillante che rende invidiosi gli altri scrittori e grati, molto grati i lettori». Forse perché Bere caffè da un’altra parte potrebbe funzionare come un manuale di orientamento per giovani outsider o magari come una divertita e ferocissima satira degli stereotipi americani e dell’impatto che hanno su chi li usa e su chi li subisce. Oppure potrebbe essere usato per fare i conti con il proprio background e scoprire che i nostri genitori sono uomini e donne come noi. O magari semplicemente, potrebbe essere letto per quello che è: otto storie da far tremare i polsi, da cui si esce come se ci avessimo fatto la migliore chiacchierata della nostra vita con un’amica appena incontrata. Anche per questo forse la complessità riesce a saldarsi con la brillantezza.
23 Comments