Il funerale a cui Stefano Friani e Emanuele Martino non sono mancati. Una conversazione.
Emanuele Martino: Credo che tu abbia letto da qualche parte che Silvio è salito sul predellino più importante.
Un ultimo saluto commosso all’arredamento e chi s’è visto s’è visto, diceva quello. Un altro alla statua eretta in suo onore a Milano 2, “mi raccomando tenetela bene”, avrebbe detto al titolare del bar lì davanti prima di essere ricoverato.
Stefano Friani: Ecco cos’era questo macello di gallery su Repubblica.it. Era tutto un chi c’era chi non c’era, Beppe Conte in osteria Schlein in gramaglie, Emilio Fede che arriva tardi all’appuntamento di una vita, Bonolis e Bruganelli in collegamento dalle due case. Gli ultrà a lanciare i cori. Dice mancavano i capi di stato, e ti credo. Putin indaffarato su altri lidi, Trump in ceppi, in compenso hanno avvistato Ridge e Gullit.
EM: Per quanto ne sappia, ho dato un’occhiata al dress code. Coraggiosa Eleonora Berlusconi, con una ragnatela in viso piena di presagi. Reazionario Ezio Greggio: Ray-Ban a goccia neri e pantalone stretto. Smessi i recenti panni swag, pure per lui tira un’aria da omo vero. Non sapevo invece del Luigi Berlusconi. Classe ’88, sbarbato manager dalle spalle larghe e dalle liaisons industriali e non volgari. Classico uomo da sposare.
SF: Devo dire non arrivo preparatissimo a questa prima stagione della Succession di Arcore, però mi affascina il ruolo della non moglie non vedova. Avrà un vitalizio? Si farà monaca?
EM: Per ora piange forte e chiaro a favore di obiettivo. Forse Marina la vuole insieme a lei alla Mondadori, sia mai. Per lei un ruolo da braccio destro tipo Il diavolo veste Prada, dopodiché una bella autobiografia. Open: Marta Fascina e il Periodo dei torbidi, tra agnellini e lettoni. E poi: Kendall di Succession vuole affondare il padre a tutti costi. Piersilvio invece mi è sempre sembrato uno pieno di gratitudine muscoli e vitamine. Spare: il sigma.
SF: Quello da solo ti regge una stagione senza nemmeno le tre-quattro facce di Stanis. Certo pensa che sfiga tutti questi Gigi Sabani morti a raffica dopo di Lui: Nuti, Paolo di Paolo (non quel Paolo di Paolo), la Franzoni (non la Franzoni), McCarthy. Se li è portati tutti dietro. Morire il giorno di Berlusconi, l’ultimo grande desiderio di anonimato. Stiamo appartati anche da morti, nessun clamore, aspettiamo Lui. Guadagnino avrà scritto un necrologio pure per loro? Ne dubito. C’è bisogno di una Spoon River ricollocata fra Crema e Pantelleria.
EM: Se cado, vi porto con me, qualcosa del genere, e Guadagnino ispiratissimo: “Quante risate…troppe”. Ce lo vedo Silvio a fare un paio di battute su Chiamami con il tuo nome. A partire dal verbo. Però ti dico: Casini intervistato a Repubblica. “Silvio mi ha detto: cosa ci rimango a fare in questo mondo?” Bellissimo. Che ci faccio qui? di Chatwin, però non vagando per il mondo ma per Segrate. Malinconico Silvio lo è sempre stato.
SF: Come tutti i grandi comici, pensa a Troisi, a Luca Giurato.
EM: Quante voci escono dalla terra. Cioè dai terreni, alla fine si va sempre lì.
SF: Hanno appena detto che i funerali di stato li paga il piennerrerre. Ma a proposito, Sorrentino c’era? Alcuni hanno riconosciuto Toni Servillo nell’arcivescovo.
EM: Pare che alla fine del sermone abbia chiesto ai presenti: “Ma voi, stasera, che fate?”.
SF: Ponte lungo, camere chiuse, andranno a letto presto. Però questa storia che hanno vietato l’ingresso a Boldi alla camera ardente a me pare struggente. Un uomo, ma che dico un uomo, un Cipollino, che ha fatto la storia di questo paese e dell’azienda, dilaniato dal dolore e lasciato fuori con un Razzi qualsiasi.
EM: Subito intervistato a Fanpage. Ma cos’è questa nuova wave cipollinea? Va bene che la destra vuol fare egemonia, ma non è questo il modo.
SF: È la maschera del dolore del paese tutto, il Gabibbo listato a lutto, Panicucci come la Madonna di Civitavecchia. La giornalista che mi si commuove a chi non salta comunista è, il feretro che sobbalza, quasi un sussulto. Solo Marco Columbro poteva trovare le parole giuste, è stato il nostro fratello maggiore.
EM: Dice che Columbro si fosse preparato un discorso, ma era pieno di pernacchie e Belandi e Dobbiamo Stare Vicini Vicini. Marco per favore, lo ha richiamato Ricci, la Cuccarini se n’è andata, non è più a Mediaset. E manco te. Però torno a Silvio: come tutti i grandi romanzi popolari, l’incipit è sempre quello che ti rimane in testa per anni. E così anche quello del Cavaliere. Lo si trova anche su Tiktok, raccontato da lui: fine ’60, Silvio è carico, sta dipingendo a torso nudo una casetta. Una coppia di clienti lo scambia per un garzone, è interessata alla casetta, ne vorrebbe parlare col direttore. E lui: certo, ve lo chiamo subito. Corre dentro, si lava e si veste dabbene, e alla fine gliela vende sotto mentite spoglie. Loro avranno a dire: erano molto simili. Siamo alla prima allucinazione berlusconiana. Più che il sole, Silvio in tasca aveva un paio di baffi finti.
SF: “Mi sono fatto da solo, sull’elicottero volo” recitava una brutta canzone di un gruppo che non ricordo. Alla fine quello che non perdonerò mai a Berlusconi è l’antiberlusconismo.
EM: Lo dicono in tanti, insieme a “Lo giudicherà la storia”. A me sembra sia stato giudicato pure troppo – questa prendila e mettila da parte, buona per mandare il curriculum a Il Fatto.
SF: Il Fatto ha cambiato codice ATECO, da domani si occuperà di economia domestica e sarà diretto da Csaba dalla Zorza, la nostra Marie Kondo.
EM: Sei depresso? Pulisci casa. Ma bene, sennò ti mando Davigo. Fondo di Peter Gomez: i furbetti della lavastoviglie beccati ancora per due piatti soltanto.
SF: Anche se il momento è delicato, è tutto un riposizionarsi, si preannuncia un congresso, nuovo nome, basta Forza Italia, ci vuole un nuovo patto per il paese besughi. Si parla di Cairo, Renzi, Sgarbi, Mariotto Segni, forse addirittura Fini, lo vanno a prendere al confino dove l’avevano cacciato, a Montecarlo. Il volto però ci sarebbe già, è anche televisivo, positivo, rassicurante. Anche il nome in fondo si trova. Fatto in gasa pe voi, di e con Benedetta Rossi.
EM: Ti dico: ci penserei. Sovranismo culinario garantito, si sta sempre in cucina e per casa usiamo tutti Verisure, così se entrano un paio di marocchini suona tutto. Abbiamo il tempo per gridare alla legittima difesa. Prima gli tiriamo mattarelli e posate, poi si passa alla Beretta detenuta illegalmente. Pare si prospetti un’Opa tecnica/competente tricolore e bottegaia, altro patto tra padrone e notabilato finto post ideologico. Waiting for Cottarelli a pranzo con Crosetto. Se pò fa.
SF: Alla fine è la grande utopia collettiva del lockdown, tutti davanti alla tv a impastare, grandi dimissioni, bonus a raffica, provvidenze dal cielo, sermoni serali, matrimoni rinsaldati dall’assenza di alternative. Nostalgia del covid e di quando la grande novità era Netflix, con le minacce tutte fuori e noi asserragliati dentro.
EM: In pochi anni, dagli stadi vuoti ai funerali pieni. Gli applausi, quelli non si risparmiano a nessuno. A scena aperta per Silvio oggi; ieri al cielo dal terrazzo di casa propria, in omaggio a un paese sfiancato.
SF: Ma non saranno tutti questi vaccini? se lo chiedeva la signora vicino a me in aereo. Lei ne ha fatti quattro ma toccava ferro.
EM: Se qualcuno dei vipponi me prende la febbre, qui si ricomincia. Però questa volta tutto il filone Covid me lo faccio bello negazionista. E poi chi la sente Panicucci in lacrime per la tosse secca di Lele Mora?
SF: Negare sempre diceva quello, credo fosse coso là, quello dei Måneskin. Come minimo mi aspetto Giorgia Soleri nella Bianca Einaudi che mi mette in relazione la fine di un amore e quella della Seconda Repubblica.
EM: Al funerale: siamo fuori di testa, ma diversi da Loro. E Confalonieri: ancora Sorrentino?
SF: La sinistra però si è attrezzata, ci sarebbero Tananai che con ‘sto nome sembra un cimmero uscito da Conan e Ultimo; Bettini pare sia riuscito a recuperarlo alla causa, si so fatti ‘na vacanziella in Thailandia assieme e bum!, è tornato marxista-leninista e con una dipendenza da yaba.
EM: “La realtà è sempre concreta” di Lenin però urlato a squarciagola al Circo Massimo. Bello sarebbe un Paolo Nori accompagnato alle letture dai tre accordi di Ultimo. Dalla Romagna a San Basilio, una nuova idea di militanza. “Vi avverto che vivo per l’ultima volta”, un possibile slogan.
SF: A proposito di circhi e di Massimo, la sai quella dei narcos, delle Farc, e degli ottanta milioni in sommergibili e armi? La raccontava spesso pure la buonanima. Alla bicamerale ridevano tutti.
EM: “Non so nulla. Ero un semplice mediatore”. Massimo D’Alema prova a farsi meme, troppi ce ne starebbero. D’altronde la sua passione per le relazioni internazionali è nota. Relazioni pesanti però, si va sul pratico. Mica Di Nolfo coi tomi universitari, qui si fa sul serio.
SF: Ancora su Berlusconi: i più grandi li capisci dopo, mi ha detto una volta un caro amico mio. È già tempo di rivalutare, allarghiamo le maglie, il perdono va esercitato anzitutto con noi stessi, con le nostre manchevolezze. Allora non capivamo. Oggi siamo Open to Meraviglia.
EM: Silvio rimanda a noi stessi, questo sicuramente. Il nostro affare privato, i nostri peccati. E alla fine diciamolo: con lui una lunga terapia. Oppure siamo sempre stati in un confessionale. E quindi Silvio il parroco di quartiere, sa tutto, vede tutto, ci conosce benissimo.
SF: L’autobiografia di una nazione, ho sentito in radio. Un altro invece parlava di Silvio Berlusconi che è in noi, l’hanno massacrato poverino. Chi lotta contro i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro, questo lo diceva sempre D’Alema.
EM: Al suo “così facendo” detto con ghigno che ne ha viste tante, sverrei alla Giletti. Troppo fascino.
SF: Te lo immagini mentre fa il riso al salto con Vissani o lo skipper d’altura, un giorno mi sarebbe piaciuto vederli duettare, magari dietro al bancone di Striscia, gli eredi perfetti di Enzo ed Ezio, nemmeno questo ci hanno lasciato, non c’è giustizia.
EM: D’Alema imbarazzatissimo ma pienamente dentro la dinamica, che capisce al volo sguardi e battute del Cavaliere, coppia perfetta; Silvio deborda, e lui contiene e gode. Silvio ogni sera scambia le targhette e lui le rimette a posto facendo il borbottone fino a che, puntata di Natale, Silvio gliene regala una tutta bella glitterata, i due si abbracciano e le veline applaudono. Avremmo fatto la storia, altro che nuovi populismi e compagnia cantante.
SF: Le due anime del paese, la riconciliazione finalmente, le ferie d’agosto dove tutti vengono messi d’accordo da una bella fetta di cocomero. La storia d’Italia l’hanno fatta le coppie: Don Camillo e Peppone, Ale e Franz, Mancini e Vialli, Benedetto e Francesco, Silvio e Massimo.
EM: Avrei usato un frutto più spinto ma tant’è, non è più tempo. L’Italia non ha più un destino. Una volta erano i festini e i soldi, mai visti gli uni, ancor meno gli altri. Perché alla fine Berlusconi è nostalgia erotica, il Trofeo a lui intitolato tra Milan e Juve una sera d’agosto da bambino, che di giorno avevo da far cose più serie, costruir su calendario Randi Ingerman, scoprirlo vivo. Silvio, ora che non ci sei più, ridacci il nostro passato.
SF: Sto rivedendo le immagini del funerale, ma non ci trovi la stessa carica tragica dei volti degli assassini di Moro ritratti in chiesa grigissimi e però finalmente sollevati. Erano tutti lì quelli che hanno tradito il suo sogno, la rivoluzione liberale.
EM: Rivoluzione: certamente ci credevano tutti. Liberale: non hanno mai elaborato la categoria. Secondo me sono dispiaciuti perché la Rivoluzione effettivamente c’è stata e diamine quanto ci siamo divertiti. Però è come se pensassero: mica è una questione politica. Noi scherzavamo. In qualche modo l’ha detto pure Bossi: “Berlusconi aveva i valori del buono del bello e del giusto”, che comunque non son valori ma credo aggettivi. Liberali de che, noi volevamo solo fatturare scopare dire fare baciare. La fantasia creativa sessantottina ripulita corporate. Volevamo solo prenderci tutto.
SF: Che poi sai alla fin fine, devo dirti la verità, a me questa storia della morte di Berlusconi mi ha lasciato freddino, come lui.
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↔ In alto: foto di Amy Syiek / Unsplash.
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