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Ordine di scuderia, quest’anno si continua a fare sul serio: Altri animali rivista, mica sofficini, mi ha mandato alla Mostra del Cinema di Venezia. Le cose belle, dice quello, accadono quando meno te l’aspetti. E infatti: Ti va di andare a Venezia a vederti un po’ di film? E io, ma certo ma che domande dove si firma e quant’altro. Zaino in spalla trova te stesso, qualche appunto in agendina Legami che c’era la promozione, tanta voglia di mangiarmi la settima arte a mozzichi – e a mie spese: Kapuściński con gli sgoccioli della Naspi, c’est moi. Aggiungo: per caso Brodskij scrisse di Venezia con una Postepay Evolution in tasca? Non mi pare. E allora carissimi animaletti con la puzza sotto il naso, sapete che c’è? Già sentito il mio avvocato per farvi causa: Emanuele, non ci sono i presupposti. Per cosa? Per pagarmi. Dissolvenza in nero.

Giorno 1 – Comandante, megattere fasciste a babordo

Stazione Venezia Santa Lucia. Guardami Italietta postdemocratica come sfoglio La Stampa di oggi seduto da Rossopomodoro, a rifocillarmi. Macchiata da un po’ di pummarola, la rubrica La Zampa quest’oggi ospita il contributo di Noemi Penna: «Se venissi inghiottito da una balena, potrei sopravvivere?» Santo sia il Signore, presumo di no. Lo dico proprio: SANTOSIAILSIGNORE e allargo le braccia. Pennuto imprenditore camicia bianca stretta strettissima, sales manager & accounting & development mi fa brutto dal tavolo accanto e siamo io e lui su un kayak al largo della costa californiana, sono giorni che non capisco una parola di quello che dice, e sono sul punto di chiederglielo, ma come cazzo parli, ma il regionalismo non c’entra, c’entra la natura quando una megattera ci inghiotte neanche fossimo un banco di krill. Salvati almeno tu, gli dico, sei palesemente più produttivo. Descanta bauchi, sveja macachi. Persino di fronte alla morte non lo capisco. Favino ha ragione, riscopriamo la nostra unità linguistica, shame on Adam Driver che scimmiotta la lingua di Dante e di Benigni, ahi serva Italia di dolore ostello e via dicendo.

Seconda guerra mondiale: Favino è il capitano di corvetta della Regia Marina alle prese con un salvataggio dalle mille implicazioni etiche; dopo averli presi a cannonate, un manipolo di belgi sono in preda alla corrente. Che si fa? Da loro c’è la birra buona, sono un po’ razzisti ma che sarà mai. Andiamoli a salvare. Arrivano i nostri, a noi cioè, sì siam fascisti e con questo? Il punto è un altro. De Angelis alla regia ci ricorda che l’Italia non ha un destino. La storia ci ha sorpassati, per meglio dire ci ha proprio lasciati a mollo. Occorre riscoprire innanzitutto chi siamo stati, per quali valor stavamo al mondo. E quindi in mare non si lascia nessuno, siamo dalle parti dell’uomo non caporale, la natura non fa sconti, che tu sia napoletano belga veneto. Magari poi scoprirne una nuova, di storia, a partire da quella militare. Oddio, non è che siamo messi benissimo, però ogni tanto ci sacrifichiamo per bene. Così come ho fatto io. Quindi domanda per Altri animali: Dottor Favino, secondo lei, e vorrei che ci pensasse bene, non solo lei perché no, è una domanda che rivolgo anche a De Angelis, e pure ai colleghi già che ci sono, io dico, se putacaso un giorno, un giorno qualunque, venissi mangiato da una megattera, dico, potrei salvarmi? Favino gelido: senza alcun dubbio. In forza di rinnovato vigore, bello me ne esco fuori e chiamo mia madre. Madre, forse l’Italia ha un destino, dipende solo da noi. Bravo, ma dov’è che fanno questa fiera? E se non fosse così, madre? Se non fossimo destinati a niente? E che fa, da noi comunque se magna bene. Affondato mà, affondato.

Giorno 3 – The Killer di Fincher, maledettissimi agrumi

Questa storia della megattera mangiauomini mi ha stravolto. Nonostante la sua bocca sia enorme, la gola di una balena ha le dimensioni di un pompelmo. E tutto ciò che è più grande di quello viene ributtato fuori. Un pompelmo? Risulta impossibile a una mente media gestire questi equilibri di grandezze. Va bene l’amor di complessità, come piace a molti, ma una persona normale non è capace d’incamerare chissà quante informazioni, ancor meno così contraddittorie. Una megattera fascista mi divora e io dovrei rimanere lucido perché alla fin fine la sua gola è grossa quanto un agrume. A nessuno piace essere preso in giro, specie da una divulgazione scientifica light tipo Barbascura X.

Il terzo giorno sbarca in laguna David Fincher, sempre in raffinato understatement nelle dichiarazioni, un po’ disorientato. Anche lui è sorpreso dal mare di applausi a fine proiezione e ci sono anch’io a spellarmi le mani, davvero un film niente male, egomaniaco, tutto su Fassbender che parla da solo mentre gira da dio quel silenziatore sul fucile, che sistema in perfetto ordine vestiti e tazzine in cucina, quanto rigore, quanta invidia. E sul serio iniziano a farmi malissimo i palmi, non sono a Venezia, sono a Pietrelcina, le sento gonfie rosse è straziante, inizio ad andare sotto di ossigeno e fisso un punto per non svenire, butto gli occhi proprio su Fincher che ora è una megattera con gli occhiali spessi, sinuosa saluta il pubblico e me, grazie davvero grazie a tutti non sono certo di meritarlo e forse è vero, la seconda parte è Equalizer più contenuto e formale, a parte i monologhi interiori, a parte Tilda Swinton – senza Tilda non avrei fatto il film, dice Fincher in conferenza stampa e tutti: Are You Kidding Me Boy? Comunque è ancora lì, pare non creda ai suoi occhi, s’inchina in riverenze e prega di smetterla. Tu per me sei megattera, folle megattera che lasci senza fiato, vuoi far di me pezzetti di carne e io ti svengo qui alla prima, tanto le voci stanno già girando, non è niente di che questo The Killer, per carità la fotografia al solito proverbiale e il resto di fincheriano che sappiamo, però se alla fine della fiera stai facendo un revenge movie allora la vedi questa mano che sanguina megattera bella di casa, sai che succede con questa mano, che me la metto in tasca, ecco cosa succede, che il tuo film è bocciato, questo succede, e se riesco a intrufolarmi in bagno senza andare dritto per terra è solo per tutta questa rabbia che m’è salita a vederti lì bella sciolta, quando la tua gola a forma di pompelmo ancora è bagnata del sangue di un onesto manager veneto.

Quanto alla conferenza: eccoli concentrati i megalomani della stampa nemica, come si spendono a fare a Fincher le stesse domande da decenni. Possiamo tornare un attimo su Alien 3? Ha mai visto un film brutto come quello di Benjamin Button? Ha mai visto un vecchio farsi bambino? E su Alien 3 proprio niente niente? E insomma: Fight Club di qua, Zodiac di là, arriva il mio, di momento. Domanda per Altri animali: allora, premesso che più che come un regista io negli ultimi minuti ho cominciato a vederla come una megattera, senta Maestro, io quest’oggi non sono qui per chiederle del rapporto tra rappresentazione e realtà, pensiero e azione, così come suggerisce il personaggio di Fassbender, no, proprio no. Invece vorrei, se mi è concessa la provocazione, punzecchiarla: diciamo un animale grande, una creatura enorme, sì diciamo pure un mostro degli abissi, prende e ci attacca. Ha fame, è la natura, che ci vuoi fare. Ci attacca perché? Perché è carnivora certo, anche se a scuola studiavamo che si nutrivano di plancton. Le balene sì, parliamo di balene allora, lo ha detto lei, non io. Una grossa balena ci punta, siamo prede, ci prende da sotto mentre nuotiamo placidi su un kayak, e noi eravamo lì per divertirci un po’, stare insieme. Il classico sol boccone, siamo dentro appena divorati e in apnea, perché l’acqua rifluisce a fiotti nella bocca che si chiude, e non respiriamo, non vediamo, forse aspettiamo solo di essere inghiottiti. Ora, mi fa vedere se ha dei pompelmi in tasca?

Ultimo giorno – La società della neve di Bayona, un nuovo modo di sentirsi megattera

C’è poi l’evasione, ovvero il riuscire a uscire illesi prima che vi sputi lei fuori. Il tutto ancora sott’acqua: nel frattempo, infatti, la balena potrebbe essere scesa giù di decine di metri.

Non esco dal b&b da cinque giorni. Scendo solo ogni tanto a comprare focacce e qualche mela. Rimango perlopiù a letto a guardarmi i video del Brasiliano su YouTube ospite di Cruciani e Parenzo, lo guardo fare le dirette strafatto sulla tazza, litigare con i carabinieri e scrivo qualche commento ogni tanto – grande brasiliano, anch’io odio la municipale! Noemi Penna, La Stampa e la megattera: mi sembra di aver capito che in qualche modo si può anche non morire. Diciamolo: servirebbe un miracolo. L’ultimo film della Mostra, La società della neve, racconta infatti di un miracolo e di una tragedia, quella di un aereo che nell’ottobre 1972 si schianta sulle Ande con a bordo 45 persone, tra personale di volo e rugbisti uruguaiani, pare un trauma mediatico per la generazione del boom. Sulla Cordigliera, dopo due mesi, ne sopravvivono 16. Riescono a mantenersi in forze grazie a spuntini trovati in giro, alla neve sciolta, e alla carne umana, sempre buona in tempi difficili.

Gli episodi di antropofagia accaddero davvero, sì wikipedia, sì pure Ethan Hawke protagonista di un secondo adattamento della storia (c’è un primo del ’76, si chiama I sopravvissuti delle Ande), Alive, ricostruzione tutta americana di una disgrazia avvenuta sicuramente molto lontano da Washington e forse con neanche un americano a bordo ma tant’è. C’è stanchezza in sala, applausi contriti, qualche lacrima. Si fatica ad alzarsi dalle poltrone. Dopo cinque giorni noto un’aria di leggero smarrimento, qualche sbiascico, bello sì, toccante; molti si cimentano in brevi sessioni di stretching appoggiandosi ai vicini, mariti guardano mogli che guardano mariti che facciamo ce ne andiamo, è un pubblico in Autogrill appena sceso dalla macchina. Io invece ho riscoperto qualcosa, una voglia una forza uno slancio vitale. Saranno gli aneddoti del Brasiliano, sarà la capacità di Bayona di tirar fuori il meglio da un racconto che vede uomini cibarsi di altri uomini, ma io a vedere quella bracetta di avambracci messa su così al volo, con quei peli che il freddo e il gelo hanno levigato per bene, che devo dire, io sì, mi sono emozionato; una piccola epifania pseudo religiosa che dopo avermi coccolato in lenzuola appena asciutte mi veste di tutto punto. Mondato. Perché la megattera è un animale tutto sommato buono, fa solo quello che deve. L’articolo di Noemi Penna riporta infine la testimonianza di Liz Cottriel, signora americana che in un giorno di novembre di tre anni fa viene effettivamente mangiata da una megattera insieme alla sua amica.

È lì a raccontarcelo, così come i sopravvissuti delle Ande ancora collaborano con chiunque si interessi al disastro aereo, siano registi o scrittori. Di aerei precipitati sulle Ande si può anche non morire, figurati di megattere, e una verità così concreta e disturbata allo stesso tempo mi lancia in conferenza stampa con un piglio da adolescente in botta. Tocca a me spezzare questa atmosfera da liberi tutti. Domanda per Altri animali: Professor Bayona, in un’intervista di qualche settimana fa lei ha parlato del suo film come di una storia di pura umanità.  Io ci vedo anche altro. Vedo un miracolo, vedo la speranza fragile eppure intrepida che solo un affamato può coltivare; le sciagure della natura, i luoghi inospitali, possono decidere all’improvviso tra vita e morte. Ma capita che uno spazio, anche minuscolo, si apra alla possibilità della vita. Può essere un pompelmo, un arrosticino che in realtà è il dito di un uomo, qualsiasi cosa. Allora dico: la fede mantiene salde le persone, è grazie alla fede che torneremo a casa. Chi può dire che i superstiti siano stati capaci di muoversi alla ricerca di aiuto solo per i morsi della fame? E chi, in tutta franchezza, può accusare Liz Cottriel di essersi spinta troppo a largo? Che non lo sapeva che c’erano delle megattere in giro? Ma lei aveva fede. Aveva fede che una megattera, quantunque la divorasse, presto l’avrebbe lasciata libera. Io ho perso un amico veneto giorni fa, ma sono qui ancora a credere che la megattera e le Ande sono figlie della stessa paura: quella di non farcela.

Bayona confabula qualche istante con il traduttore, che dopo avergli detto qualcosa all’orecchio e velocemente annuito si sporge al microfono e fa: chi è Liz Cottriel?


Whale, Ben Didier / Noun Project (CC BY 3.0).

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