Tra esagerazioni, violenza e umorismo il genere teen-comedy ha un nuovo candidato allo status di cult generazionale
Bottoms è il secondo lungometraggio di Emma Seligman e arriva prepotentemente a colmare la lacuna di prodotti interessanti nella commedia adolescenziale americana. La giovane regista ha debuttato nel 2020 con Shiva Baby, inaugurando la collaborazione con Rachel Sennott, protagonista in entrambe le occasioni. In Shiva Baby l’azione si svolge alla cerimonia ebraica della “seduta di Shiva” alla presenza di parenti invadenti e della sua ex. Mentre la protagonista cerca di nascondere i propri insuccessi professionali e personali, la situazione si fa sempre più tesa per l’arrivo del suo sugar daddy, con la moglie e il figlio neonato. Con un’inversione di marcia rispetto al suo primo lungometraggio per quanto riguarda genere, tono e atmosfera, la giovane regista decide di porre l’attenzione su un gruppo di adolescenti sfigate (da qui il titolo Bottoms che indica il loro essere sul fondo della scala sociale), esplorandone sessualità, socialità ma anche ingenuità e difetti. Presentato al South by Southwest 2023 di Austin, in Italia Bottoms non è passato nelle sale, finendo direttamente nel catalogo di Prime Video.
PJ (Rachel Sennott) e Josie (Ayo Edebiri) si preparano per la fiera cittadina che precede l’anno scolastico. Sono amiche da sempre e con l’imminente ritorno a scuola PJ è decisa a trascinare Josie in una nuova socialità, e magari finalmente fare sesso. Per difendersi dall’accusa di aver attentato all’incolumità del quarterback Jeff (Nicholas Galitzine) – figura liceale sacralizzata da mezzo secolo di cinema americano – decidono di fondare un fight club per ragazze, subito ribattezzato “club di autodifesa”, con l’aiuto di Hazel (Ruby Cruz). L’obiettivo però non è così nobile: vogliono conquistare Brittany (Kaia Gerber) e Isabel (Havana Rose Liu), cheerleader e ragazze più popolari della scuola. Nonostante le difficoltà, le ragazze che entreranno a farne parte trovano un senso di empowerment attraverso questo “finto” club, infatti la rabbia femminile ha un ruolo importante nella narrazione, anche se il tono del film è quello dell’umorismo e dell’esagerazione.
Tutti gli avvenimenti e i comportamenti sono presentati tramite il filtro della satira: si prende in giro tutto e ci sono battute su tutto, dalla bulimia al far saltare in aria la scuola. È una satira della violenza di genere, degli adolescenti e dei loro stereotipi, persino della vittimizzazione. «Non ci odiano perché siamo gay, ci odiano perché siamo gay, senza talento e anche brutte» ribadiscono prima PJ, poi il preside e infine in coro Josie e l’ex babysitter e mentore Rhodes (Punkie Johnson). Così anche gli insulti che vengono scritti sugli armadietti di PJ e Josie cambiano in base all’opinione che circola su di loro nei corridoi del liceo: da “Faggot” a “Hot Shots” fino a “Horny Freak” quando il loro piano viene smascherato da Tim (Miles Fowler), stereotipo del cattivo da teen-drama, amico del quarterback e disposto a tutto per salvarlo. Ma è l’intera squadra di football, i Vikings, a funzionare da parodia del patriarcato e dei jocks (i giovani appartenenti ai club di football o basket che vestono sempre la giacca della squadra): indossano sempre e solo le uniformi da gara e nonostante provino ad avere atteggiamenti machisti sembrano non avere neanche l’ombra della virilità che vorrebbero mettere in mostra.
Uno dei meriti principali del film è di non essere solo un caso di gender-swap (cambio di genere), cioè un modo per presentare un film in cui le ragazze fanno quello che di solito fanno i ragazzi. Il film è costruito su un umorismo caustico per decostruire la rappresentazione della femminilità nella società contemporanea. Le protagoniste non sono le classiche “ragazze da copertina”: PJ è insicura e logorroica, mentre Josie è introversa e timida. Il loro essere sul fondo della scala sociale si traduce in un sarcasmo tagliente che non risparmia nessuno e spesso è rivolto a loro stesse. La chimica tra di loro è indiscutibile, anche grazie al fatto che avevano già collaborato ad alcuni cortometraggi per Comedy Central. Sorprendenti poi le doti comiche di Marshawn “Beast Mode” Lynch, ex giocatore NFL che dà vita a Mr. G., un professore che cerca di essere alleato delle giovani donne, ma non riesce a fidarsi completamente di loro a causa di pregiudizi e problemi nella vita privata che a volte affiorano imprevedibilmente e in maniera esilarante.
A rendere particolarmente interessante e innovativo questo film è però la scrittura delle scene e dei dialoghi. Tutto quello che succede appare esagerato, a volte leggermente impreciso, come se ogni cosa passasse di bocca in bocca e ne uscisse ingigantita o quanto meno modificata, esattamente come succede al liceo nei pettegolezzi adolescenziali. Già dopo la fiera iniziale, PJ racconta a Josie la conversazione con Brittany in maniera del tutto fantasiosa nonostante anche l’amica fosse presente all’avvenimento; anche la voce che le protagoniste siano state in riformatorio si trasforma nella sicurezza che siano delle ragazze pericolose, e Isabel parla in classe come se non fosse stata anche lei nella macchina con Josie e PJ quando Jeff è stato “ferito”. Inquadrato in questo contesto, il film sembrerebbe il resoconto di un gruppo di adolescenti che parla di quanto successo loro durante l’anno scolastico, con esplosioni, voci di corridoio che prendono vita propria e l’assolutamente epica battaglia finale sul campo da football, dove l’umorismo si avvicina più a quello di Palle in canna che a quello di Schegge di follia. Diventa quasi impossibile distinguere il reale dalla parodia, ma le risate lo rendono uno sforzo superfluo.
I dialoghi invece sembrano realizzati per far scomparire ogni tipo di filtro razionale dai personaggi che non siano le due protagoniste. La maggior parte di quanto detto sono pensieri che vengono esplicitati come fossero singhiozzi impossibili da trattenere. Finiamo quindi per sentire che Mr G. suggerisce a Jeff come si minaccia qualcuno, Brittany che dice «la mia identità è completamente legata alla sua quindi vado ovunque vada lei» riferendosi a Isabel, fino al preside che si preoccupa all’inverosimile del suo pupillo Jeff, «il ragazzo più bello americano e virile della città».