Qui trovate un articolo di Andrea B. Nardi, autore dell’adattamento di «Quattro giorni», romanzo di Marino Magliani del 2006 e ora graphic novel pubblicata da Miraggi Edizioni con le tavole di Marco D’Aponte. Buona lettura!
Un uomo ottiene il permesso di lasciare il carcere per quattro giorni. Torna nel paese che vide la sua nascita e la sua gioventù. In questo breve periodo viene travolto dai ricordi. Si ripercorrono così le vicissitudini che lo portarono in galera, quel passato di promesse mancate, quel futuro lasciato indietro. Fino a fargli escogitare un finale diverso per ciò che gli rimane da vivere.
Due sono i temi che m’hanno sempre attratto in questo romanzo di Magliani: i sogni di gioventù e la ribellione. I poveri protagonisti, dapprima bambini, poi ragazzi, infine adulti, avevano culture e fantasie troppo estese per restare imprigionate nella minuscola provincia italiana, anzi, peggio, in quel miserando retroterra ligure di vicoli disabitati fra case fredde e di finta agricoltura in vero dissesto.
Pur distanti appena pochi chilometri di curve, niente è più lontano delle riviere italiana e francese dalle loro vallate chiuse alle spalle.
Il sole turistico dell’italiana, cartonato e spesso truffaldino ma comunque foriero di possibilità e partenze (un porto, la spiaggia, un molo sul mare li puoi vedere come limiti alla tua esistenza o confini da cui salpare, dipende dalla tua depressione), e l’immaginifico splendore lussuoso della francese, ebbro di emancipazioni, hanno sempre dovuto fare i conti con la tristezza rocciosa scoscesa e laconica dei rispettivi entroterra, almeno vicino al comune confine. Come potevano dei ragazzi forti e curiosi resistere lassù, dove occorre legare le pietre e rassegnarsi a non vedere mai il tramonto del sole perché sempre un monte buio lo interrompe?
Occorreva per forza partire, immaginare un pretesto d’avventura, esplorare le proprie giovani vite attraverso altri paesi, altre lingue, altri libri, altre fantasie. Far abbeverare i sogni in modo che non seccassero come gli ulivi abbandonati sugli incolti terrazzamenti delle campagne liguri.
Magliani ha cantato la loro storia, e solo la sensibilità di D’Aponte, sottile e intelligente come il suo tratto antico, poteva metterla in scena.
Magliani è uomo di frontiera, come il sottoscritto, quindi irrequieto, perché solo chi vive di fronte a una frontiera sa il desiderio di valicarla. Chi, in passato, poteva attraversare l’Atlantico se non chi era stato condannato ad ammirarlo da una costa? E Magliani è un uomo che nel privato ha vissuto diversi oceani, diversi continenti, diverse vite. Per poi tornare, tornare sempre, come in Quattro Giorni. Poteva tutto ciò non ammaliare uno come me che è nato in Africa, è figlio dell’Europa, e ha eletto il Midwest americano come sua seconda patria?
Il problema è se quei sogni di quando il sangue ribolliva t’hanno poi salvato oppure condotto alla catastrofe.
Ma ancora più forte mi appare il tema della ribellione, specie alla luce della più pressante contemporaneità, poiché davanti a intere generazioni attuali che un paio di geni informatici – Dio li maledica – ha escogitato il modo di addormentarne la mente inchiodandole H24 davanti a un monitor privo di qualsiasi senso, pertanto facendo abortire qualsiasi impulso idealistico, romantico, combattivo, quindi ribelle… e soprattutto ammorbando ogni cultura, studio, impegno, desiderio di giustizia con la droga virtuale dei social molto più potente di quella oppiacea, ebbene davanti a questo mondo narcotizzato, leggere invece di ragazzi – uomini – che osano sfidare le autorità, le dogane, gli eserciti, i tribunali, i carabinieri… beh… incredibilmente mi commuove ancora.
Quattro Giorni è una storia leggera e profonda: dipende quanta voglia si ha di decidersi a partire verso una nuova vita.
Andrea B. Nardi
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