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Adorazione è il convincente esordio letterario di Alice Urciuolo (66thand2nd, euro 18) che racconta una brevissima porzione di vita dei personaggi – anzi in particolare delle personagge – a Pontinia, un piccolo centro di fondazione fascista nel mezzo dell’Agro Pontino. È qui che Elena, poco più che adolescente, viene ammazzata dal fidanzato Enrico. Ci vuole un anno perché i suoi amici possano cominciare a guardare con distanza a quel dolore, a superare o almeno analizzare il trauma e a interrogarsi sulla definizione di adolescenza normale. C’è Diana, che ha una voglia rossa sulla coscia, catalizzatore e manifestazione di tutta la sua insicurezza, intenzionata a scoprire il suo corpo grazie a un manuale di anatomia. C’è poi la sua migliore amica Vera, senza paura in apparenza e autentica come la sua onomastica suggerisce. Ci sono Giorgio, il fratello di Vera, che era innamorato di Elena e non lo ha mai detto a nessuno, figuriamoci a lei, e Vanessa la perfettina viziata, una loro cugina con cui Giorgio riesce a mantenere un rapporto di confidenza e intimità che a Vera è precluso. È proprio Vanessa che subisce l’affondo più doloroso: Elena era la sua migliore amica. Tutto intorno è costruita una ragnatela di relazioni familiari imbastita dai valori patriarcali, dal silenzio, dalla consuetudine, dove la tossicità delle relazioni è occultata dall’uggia di un quotidiano ripetuto senza soluzione.

Come dice Stephen King, grande scrittore della provincia americana, a proposito del villaggio lontano dalla metropoli in Le notti di Salem: «c’è più che altro indifferenza, e di tanto in tanto uno scoppio di cattiveria inconsapevole. O peggio ancora consapevole». In Adorazione infatti restiamo invischiati nell’atmosfera del luogo, che Urciuolo non ci permette mai di dimenticare: Pontinia diventa nel romanzo uno degli interlocutori dell’autrice. La comunità è tutta unita in un qualche vincolo di parentela o prossimità, ma se da una parte offre ai personaggi la possibilità di stringere rapporti che vivono di cose di tutti i giorni come la spiaggia, la scuola, il pianerottolo in comune, dall’altra parte è anche un luogo che schiaccia i singoli e si cementa proprio nell’escludere i due nodi fondamentali di vita e letteratura: la morte (e quindi l’elaborazione del lutto) e il sesso. Adorazione racconta l’estate in cui gli amici e le amiche di Elena, morta l’anno prima, si muovono come in una sensazione irreale di sospensione dovuta a questa assenza improvvisa e violenta che forse li ha fatti crescere di colpo materializzandogli davanti due traiettorie interrotte per sempre e la fine di una di loro. Elena muore assassinata dal ragazzo Enrico, e diventa un altro tabù della vita sonnacchiosa di Pontinia, la «brutta cosa» che non si riesce a nominare, che nessuno degli adulti è in grado di spiegare ai figli, né men che meno di capire per sé. Elena e Enrico facevano parte della comitiva che attraversa tutto il romanzo, e il vuoto provocato dalla loro scomparsa – la morte dell’una, il carcere per l’altro – riecheggia dappertutto nelle vite dei protagonisti.

Il romanzo si snoda lungo una scacchiera ben definita, conchiusa e quasi claustrofobica, composta dalle dinamiche sociali e familiari dei personaggi. Tuttavia le protagoniste sembrano affrontare questa griglia occupando più spazio possibile, in una ricerca della definizione di sé e soprattutto della propria volontà. Pontinia è il margine, un puntino nello sprawl di briciole cementizie di Latina, lontanissima dalla vicina e sensuale Sabaudia. Di più, perfino Latina è già un oltreconfine, appena uno sfondo scavalcato il quale c’è una Roma magnetica, finalmente urbana e quasi irraggiungibile all’orizzonte. I giovani hanno lo spazio che riescono a strapparsi da sé, chiamati a compiere in autonomia e quasi in solitaria un’educazione sentimentale e sessuale  di cui Elena e Enrico sono solo uno dei possibili esiti. I loro sentimenti rivelano, in maniera più o meno esplicita, la contraddizione vivente tra amore e possesso, quanto il limine fra sopraffazione e devozione sia facile da varcare.

Questo spazio è un territorio tutto sommato scoperto e conosciuto, anche se l’indagine della scrittura di Urciuolo lo rende molto profondo, con abissi che per fortuna ci restano celati: «Si rigirò a lungo nel letto, sempre più agitata, e alla fine capì: provava rabbia. Per la storia della voglia, per come Giorgio aveva insistito, ma soprattutto per quello che aveva detto alla fine: “È colpa mia”. Come se lei nel seguirlo sugli scogli l’avesse solo assecondato, come se avesse solo ceduto al suo comando senza manifestare alcuna volontà. Non era così». Le tracce che giungono in superficie le conosciamo grazie alla reazione dei personaggi, e un caso perfetto è l’insofferenza di Vanessa alle attenzioni soffocanti, e all’ingratitudine che sente di provare verso gli altri che tanto fanno per lei, primo fra tutti Giammarco che la vizia e la riempie di regali e attenzioni, tante, troppe: «Avrebbe voluto arrabbiarsi, ma Giammarco la guardava in estasi, convinto di averla resa felice – tutti la guardavano in estasi, convinti di averla resa felice. Erano tutti contro lei sola, e lei non poteva contraddirli». Non poter parlare e non essere capiti: temi portanti e sempre sottotraccia in ogni dialogo, rappresentati al massimo grado dalla morte di Elena, soffocata da Enrico con la mano sulla bocca «per impedirle di parlare ancora, di dire che loro due non sarebbero più stati insieme».

Veniamo al titolo, Adorazione: quella di Giammarco per Vanessa è una forma di violenza, un rovesciamento dell’equilibrio tra le due parti, che sia con l’oppressione fisica o con l’adorante sguardo dell’uomo verso la sua amata, il corpo della donna ne resta comunque sempre oggetto e mai soggetto. Tutti i personaggi femminili compiono lo stesso percorso con metodi diversi, hanno voglia di autodeterminazione, di affermazione della propria volontà. Diana sembra l’unica con una bussola: sa perfettamente dove andare e intuisce come farlo; capisce che ha un corpo e impara come usarlo. Vera, la sua migliore amica, vede invece incrinare la sicurezza innata che tutti le hanno sempre riconosciuto; la sua traiettoria ma anche solo la sua ricostruzione passerà per il disconoscimento del ruolo che le è stato assegnato e la messa in questione del gorgo delle relazioni amorose. «Possibile che non ci fossero sfumature, che esistessero solo la sopraffazione e la violenza, come con Rocco o Enrico, o la protezione oltre ogni soglia ragionevole», protezione che diventa essa stessa violenza e oppressione? Fragilità simili ma diverse e l’impossibilità di elaborare il lutto e il dramma consumato si rifrangono sui personaggi maschili: sia Giorgio sia Christian mettono in soffitta, chiudendo a doppia mandata, la fraternità e la vicinanza che li aveva legati all’omicida, rifiutandosi di interrogarla. Il rischio che vi si riconoscano, che i tratti del loro vecchio compagno siano i loro, è inaccettabile. In alcuni di quei frammenti è possibile trovare se stessi, ma il loro apprendistato da «maschi» è una scuola durissima in cui la scelta è netta e si deve giocoforza rinunciare a qualsivoglia fragilità. Il processo di crescita arranca, va per tentativi, perché «non si matura solo perché ti capitano le disgrazie, non è una cosa così automatica».

Alice Urciuolo fa il suo esordio con questo romanzo dopo le sue prove da sceneggiatrice. Adorazione è un saggio della sua abilità nel tessere una storia, ma soprattutto una ricognizione nell’anima profonda della provincia italiana. La scrittrice si dimostra capace di trasfigurare la natia Pontinia da esperienza urbana a palcoscenico letterario.

Show, don’t tell è sempre una buona regola per la narrazione, e in Adorazione la troviamo declinata in due modi diversi: sia nella scrittura, in cui il non detto – il mostrato, appunto – regge molta parte del romanzo; e sia nel modo di essere delle dramatis personae che non riuscendo a comunicare hanno come unica possibilità quella di agire. Urciuolo riesce a mostrare lo svolgimento della narrazione con uno stile flat ma non freddo, che consente di partecipare alla storia senza orpelli, riempiendo da sé il vuoto apparente dell’incomunicabilità tra Vanessa e le altre. Adorazione è una storia della provincia italiana, tra le spiagge di Sabaudia e le migliare di Pontinia, eppure sa filtrare il carattere universale delle relazioni ridotte ai loro termini più essenziali. Adorazione è quindi la storia di un gruppo di persone destinato a riflettere su di sé come individui e in quanto comunità; la piccola provincia come luogo che impedisce di crescere, di dare ai personaggi le risposte che cercano all’interno di quegli angusti confini, è anche il teatro di questo autoracconto che diventerà un confronto in cui i molti non detti andranno, fatalmente, esplicitati.