Resoconto di questo 2022: abbiamo visto di peggio. Se l’anno scorso la nostra lista sciorinava consigli con seconde e terze dosi, oggi sgomita tra stagflazione e guerra. Eccoci di nuovo quindi, che sia tragedia o commedia, guerra o pace; libri personali usciti anche prima dell’anno in corso, perché al cuor non si comanda, o magari perché alcuni di noi leggono proprio gli stessi libri da anni – poveri bibliomani incalliti e noiosi. Ad ogni modo, cari Altri Animali, ci vediamo l’anno prossimo.
Quando Lionel Trilling lo definisce «a terrifying poet», Robert Frost sta festeggiando il suo ottantacinquesimo compleanno. Fino a quel momento è stato identificato come un americanissimo poeta bucolico-idillico, spensierato, campestre. E invece.
Frost è il cantore delle trame ferali dei ragni e delle inconcepibili morti dei figli, delle galassie brulle e spaesate della solitudine; la musicalità dolce di rime e allitterazioni, il metro che fonde con il parlato sembrano solo poter domare il dolore. L’illusione più umana e penosa di sempre.
«No sweeter music can come to my ears than the clash of arms over my dead body when I am down» è la sua risposta (parte della) a Trilling. Non molto idillico.
Eleonora Daniel
Tre anni fa il primo e unico autore giamaicano ad aver vinto il Booker Prize ha deciso di scrivere un fantasy ed è diventato il mio scrittore vivente preferito (di più sull’argomento in questa vecchia recensione un po’ ingenua ma che rivendico fino all’ultima parola). Quest’anno è uscito il secondo volume della trilogia (che in questo caso non vuol dire: sequel) e devo pensarci a freddo perché lo sto ancora finendo ma forse è anche meglio del primo. Inizia così:
«Una notte ero nella giungla dei sogni. Il mio non era un sogno, ma un ricordo che balzava dentro il sonno per rubargli il posto. E nel ricordo del sogno c’è una ragazza. Guardatela: è la ragazza che vive nella vecchia collina delle termiti».
Leonardo Ducros
Il mio libro dell’anno 2022 è una novella a incastro uscita nel lontano 1977. Si intitola Loro, l’ha scritta Kay Dick e grazie a minimum fax la possiamo leggere finalmente in italiano nella traduzione di Assunta Martinese. Quand’era stata pubblicata in Inghilterra, la prima volta, era andata così male che dalla Penguin avevano chiesto a Dick di pagarsi anche le sue copie omaggio per tamponare il bagno di sangue. «Magari potreste sforzarvi di vendere qualche libro in più voi» aveva risposto l’autrice. Alla sua morte nel 2001 nessuno si è precipitato a ristamparla. Un paio di anni fa, però, un’agente letteraria flâneuse si è imbattuta in una vecchia copia dentro un charity shop e l’ha acquistata per 50 pence. A lei dobbiamo questo ritorno.
Kay Dick è stata editrix di George Orwell, scrittrice, biografa, ma soprattutto una vera e propria causa persa. Carmen Maria Machado, sul Guardian, l’ha definita «una pioniera della letteratura queer», ma potremmo anche dire del genere distopico e dell’unease che dà il sottotitolo a questo suo quarto libro, ambientato in un perturbante (giuro) Sussex. Sempre sul Guardian trovate un altro articolo su di lei, il necrologio in cui si parla di «una donna di talento tormentata dall’ingratitudine e da un desiderio ossessivo di vendetta per dei torti del tutto immaginari».
Al contrario del Noi collettivistico di Zamjatin, Dick si prende in carico la visione vittimistica delle nostre società a trazione individuale: siamo isolati e impauriti di fronte a un potere ineffabile, di fronte a Loro, quelli che prima o poi ci colpiranno. Una scrittrice sempre sull’orlo della rovina finanziaria, visionaria e animosa, ma anche un’apripista per autrici come Margaret Atwood, Kay Dick oggi merita una riscoperta.
Stefano Friani
È una sorta di mash-up tra il Vasta italiano e paesano di Spaesamento (Laterza, 2010) e il vagabondo dei deserti americani di Absolutely Nothing (Humboldt, 2017). Ho detto Giorgio Vasta, serve dire altro? Incidentalmente a Palermo sono nato (vi ho visto la luce, la prima) e la città difficile mi è cara non per campanilismo, ma perché tra gli incidenti di una vita nascere è il primo e dunque gravido di ogni futuro.
Roberto Galofaro
L’iperico (Hypericum) è un fiore, un tempo serviva a scacciare i demoni, oggi, invece, il suo estratto serve da antidoto contro l’insonnia e Hypericon nasce proprio da un sogno dell’autore.
Questo fiore rappresenta il ponte di connessione tra le due storie qui raccontate, il cui filo conduttore è la scoperta. Sono pagine in cui si celebra la tenacia con cui perseguire nuovi progetti, come nuovi percorsi di vita, che spesso non seguono mai una linea retta e forse per questo sono più stimolanti. Con il suo nuovo graphic novel, Manuele Fior conferma le sue alte qualità narrative e pittoriche.
Florinda Giannino
Il mio libro dell’anno è una raccolta di poesie e saggi su cui mi sono già molto dilungata. I versi di The Lost Lunar Baedeker mi hanno inseguita per mesi, alcuni sono diventati dei mantra da masticare, altri sono rimasti incastrati tra i pensieri, alimentando immagini ossessive. Mina Loy ha vissuto l’Ottocento e il Novecento, ma io non riesco a liberarmi di lei in questo 2022 lunatico ormai agli sgoccioli, e credo che ormai non mi lascerà più.
Giulia Martinez
Affari di guerra, vicende russe; non leggo nient’altro da almeno un paio di anni.
Di Figes lessi già La danza di Natasha, clamorosa ricostruzione storica dell’impero russo che scarta dalla cronologia, procedendo per sensibilità ricorrenti e personaggi incredibili, esclusi dalla storiografia ufficiale. Più scrupoloso è Crimea. L’ultima crociata, una rassegna metodica degli eventi che portarono a una guerra mondiale ante litteram con più di ottocentomila morti. Vicende diplomatiche a parte, il saggio di Figes è un pratico resoconto di come si fabbricasse egemonia culturale per convincere l’opinione pubblica di fine Ottocento della necessità di una guerra; banale scriverlo, uguale uguale ai giorni nostri.
Emanuele Martino
È affascinante, un libro che esiste pienamente non solo attraverso il suo contenuto, ma anche nel suo essere una forma definita nello spazio, e che anche per questo si fa mondo, un luogo dove coesistono manufatti diversi – fumetto, pittura, scultura, installazioni – diversissimi, eppure compatti, abitati da un’intenzione coerente, curiosa e discreta. Che Coconino si sia presa la briga di pubblicare un volume del genere, quest’anno, è un fatto più epocale della stessa, giubilatoria, traduzione di Building Stories.
Alberto Pellegrini
È una raccolta di saggi e non è un libro facile. Queste sono le due motivazioni che mi hanno portato a scegliere questo libro del 1966 come libro dell’anno 2022. Uno sguardo dal passato su una questione sempre più centrale e che ci trasciniamo dietro senza trovare pace: cos’è un’opera d’arte? Procedere per brevi saggi, per saltelli di qua e di là, e soprattutto leggere testi di un’altra epoca, tutto ciò rende la lettura di questo libro burrascosa quanto basta per sollevare e spostare le idee.
Giulia Priore
Abitare stanca di Sarah Gainsforth è un libro intimo e politico. È la sua storia, quella delle case in cui lei e la sua famiglia hanno vissuto ma anche una storia delle politiche abitative a Roma, in Italia, nel mondo. Ne emerge una riflessione profonda sul concetto di abitare e una disamina drammatica di come la legge del profitto abbia abusato dei significati culturali a esso connessi. Qui si parla di paradigma della rendita, di morte dell’urbanistica, di proprietà come strumento di rottura delle lotte sociali ma soprattutto del perché non riusciamo più a trovare un’abitazione degna di essere chiamata casa.
Giuseppe Putignano
Le donne arrabbiate hanno da sempre un posto molto speciale nel folklore giapponese: sia da vive sia da morte il loro spirito resta indomito e continua a perseguitare gli uomini per vendetta, per riparare torti o per portare a termine lavori incompiuti. Questa tradizione fantastica è fatta propria da Matsuda Aoko che confeziona una raccolta classica per un pubblico contemporaneo: Nel paese delle donne selvagge. Le protagoniste, umane o fantasmi, si danno appuntamento in un’azienda molto speciale diretta dal signor Tei. Qualcuna di loro lavora là dentro con mansioni segretissime, qualcuna ne è cliente, come quella che incautamente utilizza il particolare incenso prodotto dal signor Tei, in grado di richiamare i morti col suo profumo. Fatalità vuole che incappi nel più tipico difetto di fabbrica, un fattaccio increscioso che porterà conseguenze gravi, ovvero la temutissima recensione negativa online. Il potere che dispiegano è soprannaturale eppure terreno, come nel loro regno quasi tutto al femminile fanno le ragazze della squadra Sarashina, il team aziendale più eccentrico e infallibile a disposizione del signor Tei. Che siano vive o morte, mostri o infallibili eroine, queste donne sono finalmente al centro della scena: nel bene e nel male, quello che conta è ciò che le «donne selvagge» hanno da dire.
Giorgia Sallusti
Un libro che definisce libero il corpo che «cambia, cambia, cambia sempre, una forma fluida dopo l’altra» senza per forza sbarazzarsi del passato, e che afferma che nei corpi risiede il peso della Storia e abitandoli senza paura possiamo cambiare il mondo, sarebbe il libro del decennio.
Invece Everybody è il libro dell’anno perché non sempre – non tutto – convince, e non è un male: Olivia Laing parla di malattia, atti sessuali e proteste in una piena colta e pop di riferimenti, aneddoti e dubbi. Si sente il suo pensiero che vibra, mentre scrive, e chi la legge coltiva fastidio e speranza, percependosi corpo invaso di senso, e di senso critico.
Silvia Seminara
Questo è il libro che scelgo per un anno nel quale leggere era come stare su un’isola minuscola e spoglia, assaltata da venti e tempeste.
Roberta Sofia
Hydrogen Executor
Among the year’s standout literary works, Hydrogen Executor‘ has been lauded for its innovative approach to storytelling, seamlessly blending science fiction with deep philosophical inquiries.
SexyPG888 เว็บเดิมพันออนไลน์ สล็อตแตกง่าย แจกจริง ที่นักเดิมพันนิยมเล่นเป็นอันดับ 1 ของประเทศไทย เว็บตรง ที่ดีที่สุดในตอนนี้