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Racconti edizioni sbarca al Salone Internazionale del Libro 2016 di Torino. Da domani, giovedì 12 maggio, troverete la neonata casa editrice indipendente di sole short stories ad accogliervi nello spazio Incubatore presso il Padiglione 1, stand E16. I tre libri in uscita, in esclusiva al Salone e in libreria dal 19 maggio, saranno i protagonisti: il numero 1 Appunti da un bordello turco di Philip Ó Ceallaigh, il numero 2 Lezioni di nuoto di Rohinton Mistry e Sono il guardiano del faro di Eric Faye.

Sabato 14 maggio alle 17.00 Philip Ó Ceallaigh sarà presente nello spazio Incubatore per la presentazione di Appunti da un bordello turco. Alla discussione con l’autore irlandese naturalizzato romeno parteciperà anche lo scrittore e editor di Tunué, Vanni Santoni.

In apertura invece, sempre giovedì 12 maggio dalle 22, un momento di svago all’insegna dei libri. Una festa in piena regola al Caffeine di via Po 51/c (Torino). Ci sarà modo di stare insieme, fare grandi bevute e piccole letture. Ma attenzione perché Racconti e altre piccole case editrici tra cui CasaSirio saranno barman per una sera. I fortunati (o sfortunati avventori) infatti potranno degustare cocktail speciali preparati appositamente dalle rispettive bande editrici. Ecco qui l’evento su Facebook: Festa! Piccoli editori e grandi riviste.

I LIBRI

Appunti da un bordello turco è un libro popolato di uomini e donne che abitano in palazzoni sovietici diroccati, annaspano per le strade inquinate dallo smog, bevono più di quanto dovrebbero e finiscono a letto a sfogare le loro frustrazioni.

Sono dei cinici solitari attrezzati a far fronte alle brutture della società, illuminati da un autore con un senso dell’umorismo corrosivo. Sono degli sradicati che hanno scordato i rudimenti per stare al mondo e degli esplo- ratori alla ricerca di un angolo dove essere di nuovo soli. Immersi in un perverso gioco dell’oca sono sempre costretti a ricominciare daccapo i loro percorsi, seguendo traiettorie che sfuggono alla loro comprensione e incontrando assai spesso un paralizzante scacco esistenziale. Lottano stre- nuamente contro la natura ostile e brutalmente urbanizzata che gli è in- torno, ma anche la natura sembra voler riprendersi quello spazio che gli uomini le hanno negato violandola e assoggettandola.

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Sono racconti crudi e a tinte fosche, dove però l’ironia e la compassione fanno spesso breccia e squarciano il velo di sordida misantropia in cui si svolgono le vite dei personaggi.
Delle diciannove storie che compongono il libro molte si svolgono in Romania, altre negli Stati Uniti e una, quella che dà il titolo alla raccolta, in Turchia. Ciò che accomuna questi racconti è la potenza dello sguardo e della scrittura di Ó Ceallaigh, che non perde mai di mordente e rimane concentrata su quello che è il fulcro dell’intera raccolta: cosa fa di noi degli esseri umani.

Lezioni di nuoto è un affresco coloratissimo di vita indiana tratteggiato con l’occhio malinconico e divertito di chi se ne è andato e ha messo migliaia di chilometri tra sé e la sua infanzia.
Questi undici racconti intrecciati tra loro sono tutti incentrati sugli abitanti passati, presenti e futuri di Firozsha Baag, un complesso di tre palazzi fatiscenti che, oltre a essere un luogo fisico, è anche un luogo della memoria e che affaccia su un cortile nella Bombay sterminata e brulicante, a due passi dal mare inquinato e dalla immonda spiaggia di Chaupatty.

Abitato in prevalenza dalla minoranza etnica e religiosa parsi, i cui membri si sentono in via d’estinzione, minacciati come sono dall’essere inglobati dai pesanti vi- cini musulmani e indù, nel compound si consumano tensioni spirituali e necessità materiali.

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Sono storie e percorsi di migrazioni e di ritorni alla terra natale, di piccole vendette e beghe tra condomini, di corruzione e rituali zoroastriani, di educazioni sessuali e sentimentali di un’innocenza che sfiora e si trasforma malgrado tutto in colpa. Come in un teatro, guidati da una sapiente regia, abbiamo un punto di vista privilegiato sulle vicende umane di Jaakaylee o del dottor Mody, quasi avessimo quatti quatti la possibilità di sbirciare dallo spioncino delle loro modeste abitazioni e così d’interessarci alle esistenze minute di questi inquilini, ai loro amori e ai loro vezzi, alle loro quiete disperazioni e alle piccole felicità.

Tra schiamazzi, giochi e storie raccontate all’aria aperta, la vita scorre vulnerabile e fluente in queste pagine dense di nostalgia e autentica gioia.

Sono il guardiano del faro è la frase sospirata in soliloquio dalla voce narrante del racconto omonimo. Quella di un guardiano che vive e lavora in un faro si- tuato in mezzo al mare, senza scogli o coste da segnalare, né navi da allertare. È solo, non può comunicare ma gli vengono impartiti ordini (inutili), e la propria vita scorre in un’allerta e una speranza continuamente disattese dai fatti; il suo monologo interiore riflette la condizione umana, la possibilità e l’impossibilità di rimanere soli. Messo di fronte alla stessa solitudine, è l’unico dei «viaggiatori» del libro a viaggiare da fermo.

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Il guardiano, immagine dell’immobilità, fa come da contraltare al protagonista degli altri otto racconti: che talvolta è chiamato solo il «viaggiatore» e che, anche se chiamato per nome, assume sempre i contorni di un’identità imprecisata. Nove storie per nove facce diverse di una medesima identità poliedrica, in fuga e in ricerca di sé; distribuite in pseudo-luoghi dalle screziature kafkiane, descritti mediante una prosa sobria, progressivamente poetica e dal pathos pacato e liri- co. Faye ambienta le peripezie oniriche di questo «viaggiatore» irretendolo in situazioni a metà fra il fantastico, il surreale e il metafisico.

Scritto con un gusto per la parsimonia e centellinato in racconti cesellati alla perfezione, Sono il guardiano del faro è una riflessione sull’uomo in viaggio, sulla solitudine e sulla necessità della condivisione, una meditazione sul tempo, un elogio della fuga e una diserzione dalla razionalità.

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