Sempre meglio diffidare bonariamente di quello che ci viene raccontato. Lo disse Ariosto attraverso la bocca blasfema di San Giovanni e lo ha raccontato Hugo Pratt con estrema delicatezza nella prima delle avventure celtiche di Corto Maltese, in cui – nel brevissimo tempo delle ultime tre pagine – la storia appena disegnata, passando di bocca in bocca, cambia e si trasforma. Manu Larcenet in Fake news ricerca questo esatto sorriso di fronte al disastro dell’informazione contemporanea, e col suo humour gioioso e casereccio in qualche modo mette ordine. Questo paradosso è possibile perché riempire lo sguardo del lettore di un sovraccarico d’assurdità dichiarate false sin dal titolo aiuta a fare chiarezza, e perché all’arte è concessa l’invenzione, diventando in questo modo un esercizio d’indagine che abitua alla perplessità e all’attenzione.
Larcenet gioca da subito con la topica della verosimiglianza, e come il titolo anche il paratesto ironizza simpaticamente ma senza grande originalità sul dibattito e l’antinomia del rapporto tra letteratura e verità: l’autore assicura – in un sussulto di onestà – che tutte le fake news presenti nel libro sono autentiche, e nella quarta di copertina un’ultima (o una prima) notizia ci racconta come il libro sarebbe stato vietato dal governo, trovando il pieno sostegno dell’autore, perché in questo difficile tempo di disinformazione e complottismo sarebbe meglio pubblicare libri meno imbecilli. Come ogni tanto accade, però, un’opera può essere meno fessa di quello che sembra.
La riflessione intorno al tema della realtà e dell’assurdo è una costante del lavoro di Larcenet. Il piacere del gioco attorno al vero e all’improbabile era già al centro della serie recentemente conclusa delle avventure rocambolesche, dove l’autore reinventa stralci di vita di Van Gogh, di Attila, del Milite ignoto, di Freud e di Robin Hood; e anche nelle sue storie più importanti e dure – quelle davvero imperdibili, canoniche: Lo scontro quotidiano, Blast, Il rapporto di Brodeck– Larcenet combatte sempre una battaglia sul fronte del rimosso e del dimenticato, girando dunque ancora intorno al problema della percezione. È in questo senso che i suoi libri possono diventare un esercizio per raffinare la lettura della realtà, quello che di solito fa la letteratura considerata grande: alcuni di questi albi – e in particolare quelli appena definiti come canonici – sono storie che minano e impongono a chi le incontra la rinegoziazione del punto di vista.
Anche se in forma canzonatoria, certo si sente una parte di questo umore anche in Fake news. Si guardi in particolar modo a una delle frottole di Larcenet:
È necessario qui girare fisicamente il libro per poterlo leggere, in completa mimesi con quanto raccontato dalla notizia; l’esercizio, che dura il tempo di una sola storia, rivela senza ricercatezze particolari la necessità di rivoltare il senso comune per riuscire, se non proprio ad afferrare delle verità, ad allenare lo sguardo. Come nel racconto la scoperta avviene ridicolmente, per sbadataggine, così il lettore può scoprire qualcosa di vero in mezzo a un libro pieno di tante assurdità e fondato sul divertimento.
Stampato in Italia da Coconino Press, editore di tutte le opere dell’autore, il volume è stato pubblicato in Francia da Les rêveurs, progetto editoriale indipendente di Nicolas Lebedel e dello stesso Larcenet. Sotto quest’etichetta l’autore mette da parte il racconto più o meno lungo e più classicamente narrativo delle sue opere più famose per creare alcune brevi storie autobiografiche e altri piccoli divertimenti, tra cui dei libri di illustrazione. Fake news rientra in quest’ultima categoria, e segue nel catalogo i due volumi Peu de gens savent (Pochi sanno che) et Nombreux sont ceux qui ignorent (Molti non sanno che), inediti in Italia. Tecnicamente questi tre albi funzionano allo stesso modo: sono costruiti partendo da disegni fatti da Larcenet senza seguire un filo logico e senza nessuna coerenza narrativa; in un secondo momento, l’autore aggiunge un piccolo testo che va a completare lo schizzo come didascalia. Se nei due volumi precedenti il modello era quello dell’enciclopedia, questa volta l’oggetto della parodia è il mondo dell’informazione.
Fake news è dunque costruito sull’unità della doppia pagina, una formula che permette di giustapporre il disegno alla notizia, stampata imitando alla vista la carta di giornale. Si leggono cortissimi comunicati e cronache più articolate, senza una particolare architettura. La notizia deve fare dell’improbabilità straniante la sua qualità principale: questa la regola del gioco.
Da lettori si avverte una netta dipendenza dal testo del disegno: l’ironia si concentra in larga parte nella pagina scritta, al punto che a volte è complicato capire quale particolare del disegno abbia ispirato la storia. All’interno della parodia del sistema d’informazione, è però stuzzicante come il disegno diventi prova della notizia: c’è bisogno di una foto che testimoni l’accaduto? Eccola sotto forma d’illustrazione. Nella notizia si parla di un quadro? Il disegno diventa quel quadro. La coesistenza tra i due elementi è dunque costruita nell’imitazione totale della comunicazione giornalistica, dove storia e immagine si accompagnano nella costruzione del racconto. Per quanto il rapporto tra testo e immagine possa apparire sbilanciato, Larcenet riesce in realtà a costruire un libro che tratta il tema prescelto (quello delle notizie farlocche) con gli strumenti che rendono unico il linguaggio del fumetto: qualità dell’illustrazione, centralità dell’interazione tra scrittura e disegno, possibilità di mischiare supporti e generi. Sarebbe possibile immaginare il libro sotto un’altra forma? No. Questo dato, che può apparire banale, in realtà non lo è, e rende il volume un libro destinato a chi prende sul serio il fumetto e lo considera in quanto tale, senza bisogno di renderlo alfiere di qualcos’altro, senza vederlo come presenza buffa e innocua, ma considerandolo un punto di vista fine e caratterizzante.
Quella della parodia dell’attualità attraverso il nonsense è un’operazione sulla linea del gioco di parole e dell’assurdo che ricorda, nel mondo dei fumetti, quella di Glen Baxter, che però ha uno stile più suggerito, ironico e delicato. Le due canzonature però si somigliano perché anche quella di Fake news è una satira sociale, che prende di mira i luoghi comuni del pensiero. Larcenet, seguendo la sua effervescente vena comica, parodia sornione i miti del progresso, svariando sull’attualità: sciovinismo, scienza, orientalismo, sesso, cibo, lavoro, integralismo, ambientalismo. In questo sembra aver integrato la lezione di Flaubert: come lui sintetizza un repertorio delle idee del buon senso, ma lo fa con maggior virulenza, mettendo in scena un umorismo da osteria a lui più congeniale. Il dettaglio gustoso è che, per il tempo della parodia, c’è del vero un po’ dappertutto, anche dove l’assurdità è più evidente: tutto in fondo è materiale umano, tanto nella notizia quanto nella possibilità di inventare quella notizia.
Fake news rappresenta un momento coerente all’interno dell’opera di Larcenet, a un livello tanto tanto tematico quanto grafico. L’estetica delle illustrazioni rimanda a diversi stili già visti, a testimonianza di uno spirito compositivo episodico ma organico; si riconosce dunque un filo rosso grafico nel libro, anche se manca probabilmente un’unità che però, del resto, non è richiesta dal genere. In questo volume si trova una discreta varietà di stili, da una densa plasticità a dei tratti estremamente leggeri, tremuli; si alternano il bianco e nero di una matita o di un’incisione, il gesso e dei colori, a volte aggressivi altre precisi, tenui e rassicuranti, tra de Crécy e Barbier; troviamo forme giapponesizzanti già viste nei precedenti lavori d’illustrazione, le piccole e caricaturali figure umane caratteristiche di serie come Il ritorno alla terra, Le avventure rocambolesche o Lo scontro quotidiano, nuovi esseri dal corpo tozzo e cilindrico e senza collo, tutto testa. Molto spesso fondo naturale e primo piano umano dialogano su livelli diversi, il primo conservando una forma rarefatta, il secondo serbando al suo interno la comicità che poi esplode nel testo che lo affianca. Anche se il comico risiede soprattutto nella lettura, il disegno ne conserva degli elementi visibili, in particolar modo in alcune pose dei personaggi e nell’accumulo di elementi di alcune tavole.
Il volume possiede una qualità grafica elevata, e può avere valore anche come semplice libro di illustrazione. Poi le storie che lo compongono durano tutte il tempo di una corta notizia, e il libro può quindi essere letto anche come uno zibaldone da sfogliare casualmente, il tempo di una risata. Sarebbe ideale però una lettura continuata, meglio ancora se tutta d’un fiato: solo così si può entrare in affinità con la realtà rovesciata descritta dall’autore. È in questo modo che Larcenet riesce a creare un universo coerente e quasi narrativo perché, come dentro a un tabloid, tutto coesiste, tutto avviene contemporaneamente, tutto è realtà nel mondo all’incontrario creato dall’autore.
Per finire con le caratteristiche grafiche, e così chiudere, si faccia infine caso che si tratta del primo volume di Larcenet a essere stato completamente disegnato su di una tavoletta grafica. Seguito oggi dal sesto volume di Ritorno alla terra, è il frutto di una scelta celebrata da una mostra alla Galerie Barbier et Mathondi Parigi, che ha onorato l’addio alla carta dell’autore (sarà una frottola?) con una vendita di originali. Il passaggio dal disegno tradizionale a quello digitale nasce per Larcenet dalla necessità della ricerca: oramai assuefatto agli strumenti classici, ha sentito il bisogno di un rapporto nuovo, di costruirsi una nuova abitudine. Il digitale sarebbe dunque per il disegnatore un avamposto contro l’automatismo, una sintesi questa che potrebbe apparire anch’essa paradossale, coerentemente alla natura dell’opera descritta fino a ora. Sta di fatto che l’esempio di Larcenet coincide tutto sommato con il senso e l’invito di questa lettura: restare all’erta, esercitare la curiosità, osservare il mondo con il sorriso senza cedere alla disperazione.
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