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#unite
un’azione letteraria collettiva
Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.

Anna scavava. Se ne stava tutti i pomeriggi seduta sul bordo del lettino della madre e scavava buche nella sabbia con i piedi, campanelle e conchiglie d’argento pendevano sporche di terra dalle cavigliere. Chissà che cosa cerca, chiedevo io. O chi vorrebbe buttarci dentro, domandava C senza rispondere.
Non si toglieva i vestiti, non faceva il bagno, a volte ci guardava ma non veniva sotto i nostri ombrelloni a parlare con noi che parlavamo di stelle e di ragazzi, di libri e orari di ritorno, mai di futuro, solo di ieri o di stasera. I nostri ombrelloni erano vicini e a portata d’orecchio e nonostante la folla che riempiva ogni giorno la spiaggia a volte sembrava comunque che lei ci ascoltasse. Era la prima estate che passava sull’isola, non l’avevamo mai vista prima, doveva avere la stessa età delle più giovani del nostro gruppo, uno o due anni meno di me e di C. Non si allontanava da quel lettino, la mattina non sapevamo perché non scendesse in spiaggia, il pomeriggio andava via prima del tramonto e prima di noi sette.
Un solo pomeriggio la vedemmo parlare con la madre, o meglio la donna parlava e Anna scuoteva la testa, guardava in basso e scavava più velocemente. Poi si rivolse al nostro gruppo, aveva sentito che come ogni anno sull’isola il giorno di San Lorenzo si organizzavano i falò sulla spiaggia, ogni gruppo di ragazzi ne allestiva uno. La madre di Anna parlò a noi dal suo ombrellone, senza avvicinarsi e senza mai lasciare la figlia, ci chiese di far venire Anna con noi quella sera, solo per quella volta, per la notte delle stelle cadenti. Le due ragazze più giovani le sorrisero accoglienti. Le altre tre sembrarono indifferenti. Io e C ci chiedemmo che ne avremmo fatto di lei.
Il nostro falò era l’ultimo in fondo alla spiaggia, subito prima del braccio di scogli che proteggeva dalle mareggiate d’inverno e accoglieva le coppie d’estate, accanto alle barche di legno rovesciate che nessuno curava e su cui i ragazzi scrivevano frasi oscene o d’amore. Anna era già arrivata, aveva portato solo una bottiglietta di acqua minerale. La madre era rimasta seduta in auto ad aspettare che arrivassimo, che la figlia non rimanesse sola di notte alla fine del lungomare. Sembrò rilassarsi quando ci vide e ci riconobbe. Mi raccomando, disse indicando la bottiglia, prende dei farmaci, è l’unica cosa che può bere. E ripartì salutando tutte con la mano. Noi ragazze avevamo portato panini, spiedini, fiammiferi e accendini, parei e asciugamani, facemmo spazio ad Anna per sedersi su uno dei nostri ma lei fece cenno di no, voleva stare seduta su un tronco di legno e scavare con i piedi nella sabbia. I ragazzi portarono sigarette e birre e vodka al melone, L lo stereo e ognuno i propri cd e litigammo come sempre per mettere la musica preferita di ciascuno. Speravamo di fare il bagno a mezzanotte ma nel cielo non c’era nessuna stella. Anna ci guardava dal suo pezzo di legno e ogni tanto sorrideva, nessuno le rivolse la parola e a nessuno lei la rivolse. Stranamente non ci furono litigi tra i ragazzi dei vari falò, era un’estate tranquilla, e quando le nuvole si spostarono ci lanciammo in acqua e quando risalimmo il fuoco era più basso e Anna non era più seduta sul tronco e ce ne accorgemmo solo dopo un po’. Dov’è finita Anna, chiese una delle ragazze asciugandosi i capelli con un pareo e dimenticandosi subito della domanda. Non sarà mica andata via da sola, si domandò C guardando verso di me che guardai verso la strada senza vederla.
Tornò dopo pochi minuti, senza darci il tempo di fare altre domande e si risedette allo stesso posto, in silenzio come sempre. Subito dopo di lei riapparve anche A che si mise a cercare negli zaini se era rimasta una birra. Non ci eravamo accorte che non si era buttato in acqua, i gruppi si erano uniti in mare, eravamo diventati troppi e lui ogni tanto faceva così, spariva senza dire niente a nessuno. A era il figlio del giostraio, l’anno prima aveva provato a baciarmi. Piaceva a tutte ma tutte avrebbero avuto paura a mettersi con lui.
Il giorno dopo Anna e sua madre non vennero in spiaggia e non ci tornarono più. Vedemmo A di sfuggita sul lungomare che si era tagliato tutti i capelli. Qualcuno disse che accanto ai resti del falò avevano trovato una campanella d’argento. Ma di questo, tra noi, non parlammo mai.
La notte successiva, con ventiquattro ore di ritardo, cadde l’unica stella cadente dell’estate.


Foto © Kevin Wolf / Unsplash.

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